Investimenti migliori con lo spread alto: quali sono?

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Spread alle stelle nella primavera 2018, a scontare l’incertezza politica e le paure degli investitori per il fatto che le forze populiste ed euroscettiche siano andate al governo in Italia. E questo, nonostante le rassicurazioni sulla sostanziale affidabilità in merito a determinate scelte (euro, alleanza atlantica etc) da parte del nuovo Esecutivo italiano.

Come impatta l’incertezza sulle scelte di investimento? Quali sono le scelte migliori da fare quando la comunità finanziaria internazionale dice che l’Italia è meno affidabile di prima, portando la differenza BTP-BUND sopra i 200 (o, addirittura) i 300 punti base? In tempi di spread volatile, è utile muoversi da investitori o da speculatori?

Investimento o speculazione? Le domande prima di investire

In linea di principio i mercati finanziari attraversano periodicamente tempeste finanziarie dovute agli eventi politici, planetari e locali. Chi opera sui mercati dell’equity (azionario) o dei bond (obbligazionario) è abituato ad andare sulle montagne russe dei prezzi degli strumenti finanziari: dal 1946 a oggi, ad esempio, l’indice dei corsi azionari secchi deflazionato si è trovato su un valore intorno ai 15 punti partendo da 30 (immediato dopoguerra) arrivando a 70 (boom economico 1952-1961), ritornando a 30 (nazionalizzazione energia elettrica, 1962), scendendo a 20 (primo shock petrolifero 1973-74) e a 10 (secondo shok 1979-80), per risalire a 30 (unione monetaria, 2000), per tornare a 18 (Twin Towers, 2001) e scendere sui 10 (crisi economica del 2011).

Proprio nel 2011 lo spread era salito alle stelle, superando i 500 punti base e portando alle stelle i rendimenti dei nostri treasuries, con lo Stato italiano costretto a pagare interessi molto alti per ottenere che gli investitori comprassero i suoi BOT e BTP (mentre in parallelo l’azionario era depresso, come è successo anche a fine maggio 2018).

Per chi vuole investire perciò, la ‘volatilità’ – cioè, per definizione, lo scostamento dal prezzo medio – è uno dei fenomeni che fanno maggiormente paura, visto che l’acquisto di posizioni nell’equity dovrebbe portare (nelle intenzioni di chi compra azioni) a una crescita costante del titolo. Viceversa per chi specula è la volatilità stessa il motore che fa muovere i prezzi all’insù e all’ingiù, provocando scostamenti su cui impostare le proprie operazioni: chi compra azioni per rivenderle sfruttando le fluttuazioni dei prezzi, opera infatti con funzione speculativa, cioè intende sfruttare propria la volatilità dei mercati per effettuare operazioni da cui ottenere un gain (cioè un guadagno finanziario), magari addirittura vendendo allo scoperto – cioè vendendo titoli troppo cari senza possederli e riservandosi di ricomprarli quando i prezzi calano (cioè prendendo posizioni ‘corte’ invece che ‘lunghe’).

Il tempo del mercato

In buona sostanza: ciò che differenzia l’investitore dallo speculatore è, in linea di massima, il periodo in cui si sta a mercato (cioè il cd. ‘holding time’), con lo speculatore che entra ed esce e l’investitore che punta alle salite della propria equity line (cioè del valore delle proprie azioni).
Assunto perciò che la mentalità di investimento cerca crescite costanti di prezzi e rendimenti, bisogna ricordarsi che quando lo spread vola alle stelle (fenomeno peraltro circoscritto, quest’anno, all’Italia: le azioni degli altri Paesi non sono state toccate dalla volatilità italiana) si presentano occasioni migliori rispetto ad altri periodi per prendere posizioni finanziarie.

Innanzitutto l’obbligazionario, che ha conosciuto anni di bassi rendimenti, sta per risalire, complice anche un ritorno dell’inflazione ‘buona’, cioè di quella controllata, che fa da stimolo e da vero e proprio carburante all’economia: lo spread alto consente infatti di comprare bond pubblici con rendimenti molto più alti degli anni di bassa volatilità, rendendo in questo modo più di prima. Anche l’azionario, che ha seguito negli ultimi due spread-shock (2011, caduta del Governo Berlusconi; 2018 inizio del governo Conte) tocca minimi abbastanza consistenti, invogliando a comprare posizioni lunghe in attesa che il corso politico porti a crescite di valore nell’equity stessa.

In Italia, ad esempio, lo shock da spread alto del 2018 è coinciso con un tentativo di attacco dell’area 24mila dell’indice MIB, fallito: questo momento è ancora incerto per capire se l’area 24mila sarà infranta con una nuova fase impulsiva oppure se si va incontro a una fase correttiva (che c’entra con lo spread ma anche con variabili internazionali come i dazi, gli andamenti delle borse americane, le politiche dell’Unione Europea, l’attuazione della Brexit etc).

Le regole di un buon investimento comunque sono sempre le stesse: i mercati sono regolarmente volatili per eventi politici ed economici (Twin Towers, crisi dei mutui sub-prime, elezione di Trump, Brexit, governo Lega-M5S…); gli shock sono difficilmente prevedibili da parte dell’investitore medio.
Le logiche di investimento personali, invece, prescindono dai fatti momentanei (come, ad esempio, lo spread alle stelle) e vanno inquadrate in un quadro che potrebbe abbracciare un esistenza intera: è bene cercare quindi di investire con saggezza guardando oltre alle contingenze.

Negli investimenti vale sempre il 70-30

In campo finanziario ad esempio si applica la regola del 30-70, dove si assume che l’avversione al rischio cresca con l’età, visto che da giovani c’è maggior flessibilità nel lavoro – il cui reddito è un’attività a rischio zero – e quindi capacità di assorbire gli shock sui rendimenti del portafoglio finanziario. Perciò in base alla fascia di età è stato sempre consigliato di investire, da giovani, il 70% sull’azionario e il 30% sull’obbligazionario, che paga rendimenti certi e costanti, arrivando via via a ribaltare la proporzione quando l’età cresce (proporzione che si ribalta a 70 anni quando cresce la risk adversion, cioè si è meno portati a rischiare).

Se il risk premium dell’azionario, per la sua volatilità, è più alto (ma, appunto, più rischioso…), l’investitore deve quindi saper dosare il proprio mix di portafoglio, pur tenendo presente che l’acquisto di azioni ad alto dividendo (le cd. dividend aristrocrats), consente di avere rendimenti non solo quando si incassa il capital gain sulla vendita dei titoli, anche mentre si rimane a mercato – potendo poi reinvestire i dividendi creando un rendimento composto sempre più ricco.

Giova ricordare, in ogni caso, che anche inseguire crescite di valore in conto capitale tanto sbagliato non è! Un titolo come Amazon ha avuto, dalla sua quotazione del 1998, una crescita del 49mila percento, cioè è successo che a fermare 1.000€ (ma allora si comprava ancora in lire…) nella compagnia di Jeff Bezos oggi ci si troverebbe un capitale di quasi mezzo milione di euro (lo stesso è valso, con percentuali diverse ma sempre dell’N-mila percento, a chi fermava denaro su Microsoft o Apple a metà degli anni ’80).

In pratica gli investimenti con spread alto sono gli stessi, come logica, di quelli a volatilità/spread bassi, tenendo conto, tuttavia, che gli ingressi negli strumenti finanziari potrebbero essere in quel momento agevolati: ad esempio, lo spread alto porta ritracciamenti temporanei nei prezzi dell’equity o a rendimenti alti alle aste dei treasuries e quindi potrebbe essere un buon momento per entrare o incrementare le proprie posizioni.
Più che pensare alle fasi momentanee, in ogni caso, crediamo che sia utile seguire due-tre consigli, se si vuole investire bene: innanzitutto risparmiare fin da subito, se possibile da giovani, investendo su azionario, obbligazionario (o, persino, sul mattone, se i prezzi sono depressi come ancora adesso in Italia) in base ai momenti in cui si trovano delle correzioni ai prezzi di mercato.

In base secondaria, per investire bene, bisogna fare uno sforzo di immaginazione sul come potranno essere il mondo e l’economia dei prossimi decenni: ad esempio l’acquisto, se si sceglie l’equity, di titoli legati all’elettrico, alle rinnovabili, alla decarbonizzazione (e quindi ai veicoli elettrici…) potrebbe essere una scelta migliore rispetto a quello di compagnie petrolifere o legate a business ormai obsoleti, di cui si intuisce un futuro di decrescita.
Infine l’investitore dovrebbe mettere le uova in panieri diversi, sia spezzettando il proprio investimento su più titoli (automotive, energie, bank, utilities, cantieristica, fashion etc) ma anche su più piazze finanziarie – Milano, New York, Francoforte, ma addirittura Madrid o Hong Kong – cercando le economie che abbiano un’indice di crescita maggiore rispetto alle altre.