Torniamo a parlare di crisi economica e investimenti più o meno sicuri, ragionando sulle cause profonde sia tecniche che umane e cercando di capire come può reagire il consumatore piccolo risparmiatore di fronte a fenomeni speculativi di portata globale.
Asimmetrie e instabilità potenziali denotano una perdurante fragilità instrinseca del sistema.
Si possono individuare due possibili gruppi di fattori di crisi globale, riguardanti problemi di dissociazione finanziaria. Anche in assenza o a parità di problemi di dissociazione, vi è un secondo gruppo di potenziali fattori di crisi che è conseguenza della maggior interdipendenza internazionale.
I processi di liberalizzazione e di innovazione hanno aumentato il volume dei flussi finanziari lordi ma anche la loro volatilità, rendendoli ipersensibili non solo ai differenziali di rendimento, ma anche a ogni disturbo, anche extraeconomico, che possa turbare le aspettative degli operatori e dei consumatori-investitori più attenti.
Nello stesso tempo, la standardizzazione delle informazione e delle tecniche di previsione tende a ridurre le differenze di opinione tra gli operatori, che ai primi segnali di crisi finiscono con lo spostare ingenti clussi finanziari nella stessa direzione, con effetti dirompenti che si propagano velocemente su tutti i mercati.
Inoltre, la crescente intensificazione degli scambi finanziari con numerosi passaggi da un operatore all’altro lascia gli operatori intermedi nella incapacità di conoscere e valutare i rischi di affidabilità degli utilizzatori finali, dai quali potrebbero comunque subire contraccolpi in caso di trasmissione a catena di una crisi di insolvenza (e come è in effetti successo lo scorso anno).
Infine, le banche e gli altri intermediari finanziari sono esposti alla maggiore pressione che li costringe a contenere i costi e ad assumere maggiori rischi, con l’emarginazione o l’eliminazione dei meno efficienti e dei più deboli, ma anche in questo caso al costo di possibili reazioni destabilizzanti a catena.
A questi problemi di stabilità occorre far fronte con politiche di controllo atte a difendere i piccoli risparmiatori, basate essenzialmente sulla supervisione e la trasparenza dei comportamenti, sull’adeguamento agli standard intermazionali dei requisiti minimi di dotazione di capitale e di strutture degli intermediari, sugli incentivi all’efficienza, sulla individuazione di prestatori istituzionali di ultima istanza.
Il rapido sviluppo della finanza internazionale, reso possibile dall’integrazione dei mercati, deve necessariamente essere gestito a livello sovranazionale, con la cooperazione e, laddove è possibile, con l’attivazione della integrazione istituzionale.
Come nel precedente post, le conseguenze logiche di tutto ciò portano a considerare investimenti sicuri solamente quelli meno redditizi e in ultima istanza meno pericolosi, ovvero le polizze vita e i fondi pensione.